ROMA: PROCESSO MOLLICONE

Le affermazioni di Tuzi, il brigadiere dei carabinieri morto suicida, su Serena sono credibili. Lo stesso militare raccontò di aver visto Serena entrare nella caserma di Arce il primo giugno del 2001 alle 11 di mattina e di non averla mai vista uscire. Gli imputati nel processo sull’omicidio di Serena Mollicone presso la Corte d’Assise d’Appello di Roma sono l’ex comandante della caserma dei carabinieri di Arce Franco Mottola, sua moglie Anna Maria e il figlio Marco. Ci sono anche i due carabinieri Quatrale e Suprano, tutti assolti nel processo di primo grado. Il sostituto Procuratore generale Francesco Piantoni  ritiene quindi veritiere le dichiarazioni di Tuzi sulla presenza in caserma in quella giornata.La procura aveva presentato il ricorso in corte d’Assise d’Appello e aveva sollecitato una condanna a 24 anni per Marco Mottola, a 30 anni per il padre Franco,  21 anni per la moglie Anna Maria. I carabinieri Vincenzo Quatrale, accusato di concorso esterno in omicidio, e l’appuntato Francesco Suprano, accusato di favoreggiamento, furono anche loro assolti. La procuratrice generale, Deborah Landolfi, che affianca Francesco Piantoni, ha ricostruito in aula le modalità con cui, secondo l’accusa, sarebbe stata uccisa la Mollicone: “Serena ha impattato contro la porta e le consulenze dicono che esiste un’ottima compatibilità. Serena ha sbattuto contro quella porta”. Serena “è morta per asfissia causata dal nastro adesivo con cui è stata imbavagliata e poi le è stato messo il sacchetto sulla testa.  Dall’autopsia sono emerse anche una serie di lesioni tra cui alcune fratture craniche e un consistente infiltrato emorragico ma la cosa strana è che nessuna di questa fratture è scomposta. Quindi a causarle è stato un oggetto ampio e piatto come la porta“.

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