GIORNALISTA AGGREDITO SULL’ISOLA DI PONZA

Ad un anno dalla morte di Gianmarco Pozzi sull’isola di Ponza in molti hanno preso parte ad una fiaccolata per ricordare il ragazzo. È trascorso già un anno dal quel tragico agosto 2020 quando, nel bel mezzo dell’irrequieta stagione estiva ponzese, venne ritrovato senza vita sull’isola il corpo di Gianmarco Pozzi. Ventott’anni e un futuro roseo nel mondo della kick boxing, Gianmarco detto Gimmy si trovava a Ponza per lavorare come buttafuori in uno dei locali più noti, il Blue Moon. Una cinquantina le persone presenti, che con striscioni e fiaccole hanno sfilato per l’isola in ricordo di quell’orribile giorno e per richiedere che finalmente venga fatta luce sulla morte di Gianmarco, fatta inizialmente passare come una caduta accidentale. Anche numerosi amici sono giunti dalla capitale per ricordare Gianmarco e stringersi intorno alla sua famiglia. Nella giornata di lunedì è stata celebrata anche una santa Messa. Tante sono ancora le cose poco chiare, così come si cerca di capire cosa succede sull’isola soprattutto nelle ore notturne. Un’isola che da molti viene definita, irrequieta, turbolente, che nasconde tante realtà difficili da individuare, di cui è costellata anche la vicenda della morte di Gianmarco Pozzi e come conferma anche il fatto che sull’isola c’è infinita omertà, la volontà di nascondere agli occhi di tanti i molteplici aspetti della vita soprattutto notturna. Dimostrazione è anche il grave fatto che si è verificato nella notte tra sabato e domenica scorsi, quando un giornalista che stava effettuando immagini di repertorio sull’isola è stato aggredito verbalmente, con minacce anche molto serie, da un energumeno di passaggio che poi si è scoperto e come lui stesso si è presentato, facente parte del comune. Certo non c’è voluto molto ad arrivare all’identificazione del soggetto che si atteggiava a protettore della patria, che cercava di imporre la sua stupida superiorità nei confronti di una persona che in quel momento stava svolgendo il proprio lavoro e che, sotto le minacce dell’uomo, aveva solo necessità di proteggere la sua costosa apparecchiatura dalla furia di un soggetto che non era in grado di mettere tre parole insieme. Minacce personali e rivolte anche alla categoria dei giornalisti, minacce di distruggere la telecamera. In tutto questo, la cosa più grave, è rappresentata dal fatto che lo sparapose di turno ricopra cariche importanti nelle istituzioni e in questo caso ogni commento risulta essere superfluo. Della serie se tanto mi da tanto, sull’isola ci si può aspettare succeda di tutto.

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