E’ strategico vincere la sfida della ricostruzione post terremoto anche nelle campagne dove le scosse si sono abbattute su circa 25mila le aziende agricole e stalle censite nei 131 comuni terremotati di Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo dove c’è una significativa presenza di allevamenti con oltre 100mila animali tra mucche, pecore e maiali, e un rilevante indotto agroindustriale con caseifici, salumifici e frantoi dai quali si ottengono specialità di pregio famose in tutto il mondo. E’ quanto afferma la Coldiretti nel triste anniversario delle drammatiche scosse del 24 agosto 2016 che hanno devastato il centro Italia.
Occorre sostenere la maggioranza di agricoltori e allevatori che, a prezzo di mille difficoltà e sacrifici, non hanno abbandonato il territorio e sono riusciti a garantire la produzione della maggior parte delle tipicità: dalla lenticchia di Castelluccio di Norcia Igp al salame spalmabile marchigiano. Una lotta per la ripresa dell’economia locale che vede in prima linea – continua la Coldiretti – anche i 444 agriturismi che secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Istat operano nel cratere.
E’ fondamentale ricostruire le comunità locali e frenare lo spopolamento garantendo le condizioni necessarie affinché le persone tornino o restino a vivere e lavorare nelle aree terremotate – sottolinea la Coldiretti – grazie anche alla solidarietà di tutta l’Italia con una serie di iniziative che hanno coinvolto tanto gli agricoltori delle altre regioni quanto i cittadini, oltre a consorzi e associazioni. Si va dall’operazione “adotta una mucca”, per dare ospitalità ad almeno 2000 pecore e mucche sfollate a causa dei crolli delle stalle, a “dona un ballone” di fieno per garantire l’alimentazione del bestiame ma anche la riscoperta dell’antica tradizione agropastorale della “paradura” con la quale i pastori sardi della Coldiretti hanno donato mille pecore ai loro colleghi umbri colpiti dalle scosse per risollevarne le sorti.